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Max Malatesta
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ATTORE
Max Malatesta
ATTORE
Max Malatesta, classe 1970, dopo aver frequentato l’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico ed essersi diplomato nel 1994, inizia una solida esperienza teatrale che lo porta a vincere nel 2000 il Premio Ubu come miglior attore giovane. 

Nel 2017 interpreta il personaggio di Veltur ne Il primo Re diretto da Matteo Rovere. In seguito, Rovere lo vuole anche nel cast della seconda stagione di Romulus nei panni di Sabos.

Ha preso parte anche a L’incredibile storia dell’Isola delle Rose (2019) di Sydney Sibilia , Curon (2019) di Fabio Mollo e a Favolacce (2020) dei fratelli D'Innocenzo.

Com’è nata la tua passione per la recitazione? Quando hai deciso di intraprendere la tua carriera d’attore? 

Allora, io ho letto Il codice dell’anima di James Hillman, che è una tesi molto interessante proveniente dalla Grecia, ovvero la teoria della ghianda.
Questa teoria sostiene che le anime nell’iperuranio scelgono una missione da compiere sulla terra e cadono in un punto migliore dove è possibile realizzarla.  È un aspetto importante da capire, poiché le avversità che ci circondano, non sono altro che gli ostacoli che ci servono per creare gli anticorpi necessari per portare al termine la nostra missione. Che è spesso dura, anzi difficile.
Ho fatto dieci anni di analisi con Aldo Carotenuto, che è stato uno psicoanalista junghiano, uno dei più importanti al mondo. Avevo bisogno di capire molte cose di me, altrimenti non avrei potuto fare questo mestiere. Avevo un nonno che era molto famoso in Austria, e lui era un attore di Max Reinhardt, uno degli attori e registi mitteleuropei che ha rivoluzionato il teatro. Mio nonno l’ho visto molto poco, era anche un regista. Questa figura alta, dotata di bella presenza, colta è stato un punto di riferimento per me.

A vent’anni mi sono iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza, ho dato anche cinque esami, sarei diventato anche un bravo avvocato, ma non era quello che volevo fare. A un certo punto mi sono reso conto che volevo fare l’attore e così mi sono iscritto all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico. 

Vista la tua recente esperienza in Favolacce dei fratelli D’Innocenzo, puoi raccontarci il rapporto che hai con loro e com’è stato stare su questo set?

Quello con i D’Innocenzo è stato un felice incontro. Quando è arrivata la sceneggiatura, leggendola mi sono reso conto che non aveva limiti, il tema che viene toccato è una specie di tabù che nessuno osa toccare. Si parla di una frattura che c’è tra le generazioni, dove i giovani sono necessariamente la parte da proteggere. Quale colpa ha il giovane che si trova in mezzo a questa frattura? I D’Innocenzo hanno messo il dito nella piaga, in Favolacce troviamo degli adulti competere tra di loro, con le loro frustrazioni, impotenti e incapaci, che hanno dei figli con una sensibilità estrema. Questi figli cercano di comunicare tra di loro con le poche cose che hanno, in maniera timida e compiono una scelta tragica.

Quando ho letto la sceneggiatura mi sono reso conto che era terribilmente vero. Durante la fase di preparazione del film mi ricordo che non riuscivo a dormire la notte, avevo bisogno di comprendere appieno il mio personaggio. Ho lavorato con degli attori straordinari, primo fra tutti Elio Germano, reduce dal successo di Volevo nascondermi di Giorgio Diritti.

Favolacce (2020)

Hai avuto modo di prendere parte a Compagna di viaggio di Peter Del Monte, regista recentemente scomparso. Che ricordo hai di lui?

Mi commuovo al solo pensarlo. Peter era una persona speciale, lo si vede dai film che ha fatto. Quando mi ha chiamato per recitare accanto a due attori straordinari: Michel Piccoli e Asia Argento, mi ha dato la possibilità di conoscerlo intimamente. La sua umanità e il suo modo di fare cinema mi hanno colpito moltissimo.

In quel film c’erano due generazioni a confronto, il personaggio interpretato da Piccoli e quello interpretato da Asia. Aveva come tema la perdita della memoria, due individui alla ricerca spasmodica di un qualcosa. Lei che cerca un’identità a cui aggrapparsi e lui che ha perso se stesso e cerca di trovare un qualcosa che possa dargli ancora delle emozioni.

Peter ha avuto modo di unire due attori straordinari in una storia che raccontava la solitudine di due individui. Lavorare accanto a un mostro sacro come Michel Piccoli è stato un grande privilegio, ci siamo scambiati tre cose che servivano per poter lavorare insieme. Compagna di viaggio è stata una delle esperienze più belle che abbia mai fatto. 

Tu hai fatto l’Accademia D’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Hai avuto modo di avere come insegnante Orazio Costa Giovangigli.

Ho avuto occasione di fare poche lezioni con il suo metodo. Ma andavo a vedere le sue lezioni del terzo anno, in quel corso c’erano Luigi Locascio, Pierfrancesco Favino e Manuela Mandracchia. Dopo nove ore di lezione, io e i miei compagni assistevamo alle prove dello spettacolo diretto da Orazio Costa, si trattava dell’Amleto, in cui c’era l’utilizzo di diversi dialetti. Pierfrancesco Favino faceva il becchino e recitava in dialetto bergamasco, mentre Amleto recitava con una dizione perfetta. Un attore non deve avere solo un’ottima dizione, ma deve essere in grado di parlare anche alcuni dialetti, oltre ad avere una buona padronanza del proprio corpo. Nel metodo Costa si parla soprattutto della memoria del corpo. Un metodo che è stato studiato da molti attori.

Il Primo Re (2019)

Sappiamo che stai girando la seconda serie di Romulus, la cui regia è sempre di Matteo Rovere. Una serie che ha riscosso un grande successo di critica e pubblico.

In Romulus ho un bellissimo ruolo e mi sto divertendo tantissimo. Avevo già preso parte a Il primo Re.

Matteo Rovere è uno dei produttori e registi più interessanti del panorama italiano. È uno che pensa in grande, lo abbiamo visto anche con gli altri film che ha diretto, soprattutto quando si tratta di far conoscere un prodotto all’estero, dando possibilità a tantissimi attori. Lavorando sul set di Romulus ci sono parecchi giovani attori: Francesco Di Napoli, Marianna Fontana, Andrea Arcangeli e tanti illustri attori che hanno la mia stessa età. Abbiamo lavorato seriamente con una preparazione importante alle spalle, andando a cavallo, lanciandoci dall’albero, buttandoci nel fango, ecc. Parliamo in protolatino, infatti, riportare in vita una lingua quasi inventata è interessante, poiché ci permette di approfondire o fare la conoscenza di cose che non sapevamo o di cui conoscevamo pochissimo.

In Italia abbiamo un patrimonio artistico e architettonico di inestimabile valore, siamo pieni di storia. Dai sabini, passando per Giovanni Boccaccio, Dante e tanti altri. William Shakespeare rubava tutto dalle novelle italiane. 

Come ti prepari al lavoro sul personaggio? Che metodo utilizzi? 

Innanzitutto il regista è Dio, bisogna affidarsi completamente a lui. Così è successo con i D’Innocenzo, erano dei marziani, degli ufo, mi hanno fatto fare delle cose durante ai provini che non avevo mai fatto, ma c’è sempre una prima volta. Tra l’altro avevo il mio modo di lavorare, avendo fatto l’Accademia, ma in quel caso ho dovuto resettare tutto quello che avevo fatto fino a quel momento e concentrarmi su quello che loro mi dicevano di fare. Poi, un’altra cosa è quella di conoscere bene la sceneggiatura, non solo il proprio ruolo, ma tutto il contesto.

Un attore deve imparare perfettamente a memoria non solo le proprie battute, ma anche quelle degli altri con cui recita. Bisogna essere pronti a qualsiasi tipo di improvvisazione. Per esempio, I D’Innocenzo in Favolacce hanno cambiato parecchie battute. Nel mio lavoro sono pronto a qualsiasi tipo di trasformazione per entrare pienamente nel personaggio, quando ho recitato ne Il nome della rosa mi hanno fatto la chierica, che è la cosa più brutta del mondo. Mi hanno spesso affidato dei ruoli che erano ben lontani da quel che sono nella vita, ma che mi sono serviti a farmi crescere ancora di più come attore.

Raccontaci la tua esperienza ne L’incredibile isola delle rose di Sydney Sibilia.

In quel film ho avuto un piccolo ruolo (Giuseppe Annicchiarico). Matteo che è il produttore mi ha contatto per fare questo personaggio, dovevo girare una scena con Fabrizio Bentivoglio ed Elio Germano. Ho accettato con immenso piacere, avevo da poco finito di recitare Favolacce con Elio e conoscevo benissimo Fabrizio. È una gradevole commedia, che mostra un’Italia piena di sole e personaggi di grande ingegno e intelletto.

L’incredibile isola delle rose (2020)

Stai lavorando a nuovi progetti?

Ci sono dei progetti in cantiere, vedrò come si evolveranno. Credo che sia arrivato il momento di dedicarmi alla regia, in modo che possa essere io a decidere le storie, i contenuti e i personaggi da raccontare.

La regia mi ha sempre affascinato e credo che sia un’altra cosa che vedo nel mio futuro.

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