HOME
Gabriele Fiore
Gabriele Fiore
ATTORE
Gabriele Fiore
ATTORE
Gabriele Fiore è un giovane attore romano classe 2001, si approccia alla recitazione da bambino grazie ad una scout insolita: la sua maestra della scuola materna. Già nelle recite scolastiche dava prova del suo talento artistico.
Il suo esordio cinematografico non tarda ad arrivare e nel 2015 è Aldo nella pellicola per ragazzi “Grotto”, regia di Micol Pallucca. Nel set si destreggia come un perfetto capitano di una squadra di calcio e proprio sotto la regia di Francesco Carnesecchi interpreterà il ruolo di un talentuoso giovane calciatore nel film “La partita”.

Gabriele non fa solo cinema ma svolge importanti ruoli per film televisivi e serie TV: “Luisa Spagnoli” nel 2016, “L'aquila – Grandi speranze” nel 2019 e nello stesso anno partecipa alla serie Mediaset “Oltre la soglia”. È uno dei protagonisti del pluripremiato corto “Pupone” diretto d’Alessandro Guida.

Come è nata la tua passione per il cinema e quando hai deciso di diventare attore?

Ero piccolissimo, feci una recita alle scuole materne e mi divertii tantissimo, la maestra consiglio a mia madre di iscrivermi ad un’agenzia di spettacolo. Fortunatamente ha seguito il consiglio e cominciai a fare spot pubblicitari, ho partecipato a “C’è posta per te”, a volte nella trasmissione per raccontare delle storie venivano impiegati dei bambini per rendere tutto più romantico e tenero, ed io sono stato uno di loro. Piano piano con il sostegno di mia madre entrai in questo mondo, cambiammo agenzia e mi segnarono ad un corso di recitazione.
Il livello si è alzato partecipando a ruoli sempre più importanti per me: “Grotto” nel 2015 e poi a 14 anni ho recitato in “Luisa Spagnoli”, ho fatto anche una parte in “Nessuno mi può giudicare”. Vedevo che tutto questo mi piaceva e ho continuato a fare i provini mantenendo sempre come primo obietti lo studio e la scuola.

Possiamo dire che è nato tutto da quella recita, la mia è stata una “non scelta”, vedevo che quello che mi facevano fare mi divertiva e lo vivevo semplicemente come un gioco.

Come hai conciliato gli studi con la recitazione?

Per “Grotto” sono stato un mese fuori ma facevo le medie e non era così difficile collimare lo studio con le prove. Poi sono stato sempre fortunato perché le mie esperienze più importanti le ho girate in estate quindi avevo più tempo libero, come la serie di Marco Risi o la “Partita” che ho girato tra agosto e settembre. Certo con le materie che non andavo benissimo dovevo prendere delle misure, a casa c’era sempre un ragazzo che mi faceva ripetizioni di matematica, ma era necessario far collimare lo studio con la recitazione.

Le tue esperienze dopo 'La Partita'?

Vinsi il provino per questo film mentre giravo “L’Aquila”, Frank (Francesco Carnesecchi) il regista mi chiamò complimentandosi per come avevo interpretato il monologo del provino. Rimasi colpito sia per il tema, il calcio è una delle mie più grandi passioni, sia per Frank, è stata la sua prima opera da regista.

Durante le riprese mi resi subito conto di quanto è difficile lavorare in un set, soprattutto in questo film. Il set era un campo di terra, fare sempre le riprese sotto il sole, andare avanti e indietro sul campo. Ma è stata un’esperienza bellissima, anche i ragazzi che mi hanno accompagnato nelle riprese: i miei compagni di squadra erano dei giocatori di una società calcistica di Fiumicino. Ad ogni pausa non ci riposavamo, ma correvamo tutti nel campo libero per giocare a “tedesca”.

Il rapporto con il regista e i componenti della troupe?

Frank è stato fantastico, lavoravamo bene, era molto minuzioso nella direzione. Provavamo sempre ogni scena insieme a Pannofino, che mi dava spesso dei consigli. Anche la disponibilità di Frank: era molto aperto alle mie proposte o iniziative recitative. Nella scena del litigio con mio padre si percepisce tutto il lavoro che c’è dietro, l’intesa tra di noi, del cast e con il regista.

Come prepari il lavoro su un personaggio che dovrai interpretare?

Oltre alle indicazioni di regia, cerco sempre di assimilare spunti da cose già viste sia nella vita reale sia da altri film e naturalmente cerco di metterci molto del mio. Io lavoro molto sull’osservazione, magari conosci una persona simile al personaggio che devi interpretare e faccio in modo di riproporre questa mia conoscenza, quelle peculiarità che ho appreso da quella persona e le proietto sul personaggio. È un lavoro constante di osservazione, osservare è tutto. Poi il regista è fondamentale nella direzione e nei consigli, mentre fai una lettura copione lui già ti dà la prima infarinatura.

Pupone (2019)

L’esperienza di “Pupone”?

Nel 2019 abbiamo girato questo corto ambientato in una casa-famiglia, io interpreto Teo uno dei ragazzi più piccoli all’interno della struttura. Ci relazionavamo con Sasha, il più grande tra noi che raggiunta la maggiore età doveva lasciare la struttura. Il corto voleva proprio raccontare il conflitto interno di chi ha vissuto per molto tempo dentro questa situazione e di punto in bianco si ritrova catapultato in un mondo del tutto estraneo. Il mio personaggio era quello più vicino al personaggio principale, cercava di copiarlo in tutto.

È stato un corto molto fortunato, ha girato vari festival e vinto alcuni riconoscimenti: Alice nella città (Festa del cinema di Roma), ad Asti abbiamo vinto il titolo di miglior attori, cioè di miglior attore ma la critica ha allargato il premio a tutto il nostro cast. Lo abbiamo girato in solo due giorni ma è stata una bella esperienza, ci conoscevamo già tutti prima di girare e sul set è stato tutto fluido. Sapevamo già come muoverci. Le scene le avevamo tutte provate prima del set, penso che abbiamo creato un prodotto elevato! Li recitai con Federico Cesari e con Riccardo Mandolini e feci anche una scena con Luca Cesa.

Hai dei riferimenti attoriali o registici?

Questa domanda è sempre stata un grande punto interrogativo. Io fin da piccolo sono affascinato dal film “La vita è bella”, visto miliardi di volte, in particolar modo da Roberto Benigni. Ultimamente vorrei lavorare con Scorsese, “Quei bravi ragazzi” è uno dei suoi film che preferisco. Naturalmente tra i miei riferimenti non possono mancare i mostri sacri come Di Caprio o De Niro… però se ti dovessi dire un attore a cui mi ispiro non saprei…in Italia trovo davvero di una classe superiore Luca Marinelli, Elio Germano e Favino sanno fare qualsiasi cosa come anche Servillo.

Tornando su Marinelli è sempre diverso in ogni film, sembra come se fosse evidenziato, emerge anche con una piccola parte o con poche battute, fa sempre provare emozioni al pubblico, vorrei fare come lui: ecco Marinelli è il mio riferimento in Italia.

Che cosa significa per te recitare?

Per me è una cosa che si fa tutti i giorni, spesso sento i miei amici che vorrebbero iniziare a recitare e mi dicono: “però io non so recitare” e gli dico tutti sappiamo farlo, sembra difficile ma non è così.
La cosa che rende più vero un personaggio e azzeccare lo stato d’animo e li vedrai che le battute e i movimenti vengono spontaneamente, devi essere naturale e con lo stato d’animo giusto. Devi trovare l’essenza della scena, infatti i sottotesti di un copione sono fondamentali. Devi capire lo stato d’animo e il contorno in cui si sviluppa la scena. Poi certo ci vuole anche del talento da parte dell’attore.

Per me la recitazione è lo stato d’animo del momento, carpire l’essenza di quella scena, faccio un altro esempio, il provino, è difficilissimo recitare un provino con zero ambientazione o con la spalla che ti dà le battute solo leggendo; invece, se ti immedesimi e cogli l’essenza del momento, lo stato d’animo del personaggio anche in una situazione non così confortevole per la recitazione si riesce dare il massimo e la prova viene bene. ma per fare questo ci vuole molto lavoro, devi studiare bene il copione e la sceneggiatura. Ci devi stare bene dentro.

Come vivi il provino? La prendi come una sfida?

Prima di un provino ho sempre l’ansia, è una costante, fin da quando ero piccolo. Però se prima di fare un provino o girare una scena non sento quel dolorino alla pancia, quella sensazione di vuoto dovuta all’ansia stai sicuro che sbaglio, vado male. Se mi presento troppo sicuro o tranquillo è quasi certo che andrò malissimo.

Quindi quella sensazione di ansia prima di un provino o di una scena è positiva, anche sul set dopo lo stop ad una scena ti senti quella scarica di adrenalina che ti porta via quella sensazione di ansia, ti senti libero, più leggero…ti riempi e poi ti svuoti.

È una sensazione bellissima, sei catapultato in un altro mondo e poi allo stop ritorni te stesso.

La partita (2019)

Che rapporto hai con il personaggio che interpreti?

Prima di un progetto lavoro moltissimo sul personaggio, lo porto anche nella vita reale, ma finite le riprese lascio quasi tutto sul set, le caratteristiche peculiari di un personaggio le lascio circoscritte a quella esperienza. Però ci sono dei personaggi che rimangono anche finite le riprese come in una serie “Oltre la soglia” su canale 5.

Lì interpretavo un personaggio affetto di licantropia e ho dovuto fare un lavoro molto importate proprio per il tema trattato, la serie era ambientata in un reparto di neuro-psichiatria infantile, un tema delicato, mai trattato, e quel personaggio mi è rimasto nel cuore. L’ho portato anche fuori dal set. Certo non me lo sono portato nella mia vita personale tanto da rendermi invalidante, forse prima delle riprese ma dopo riesco a smaltirlo. Spesso nella vita reale provo a vivere dei momenti come li vivrebbe il personaggio, se sto in giro da solo faccio finta di essere quel personaggio per allenarmi, fermo uno sconosciuto e interpreto il personaggio, tanto i passanti non ti conoscono.

Tre ruoli che avresti voluto interpretare?

Sicuramente il ruolo di Matteo Olivetti in “La terra dell’abbastanza” dei fratelli D’Innocenzo, ruolo che vedo molto vicino venendo anche io da una realtà di case popolari. Poi “Prova a prendermi”, con Leonardo Di Caprio e Tom Hanks. Perché li Leonardo interpreta un attore ossia lui voleva fare il pilota e recita la parte di un pilota, vuole fare l’avvocato e finge di essere un avvocato e lo fa in maniera eccellente, mi piacciono i ruoli che ti mettono alla prova, tutti i ruoli lo fanno ma questi così estremi hanno un rischio maggiore, mi attirano di più.
Per terzo cito un mostro sacro Robert De Niro in “Taxi driver”, un filmone, alla prima mia visione mi sono appassionato tantissimo ho ancora la colonna sonora come suoneria della sveglia, c’è un’evoluzione del personaggio strepitosa: parte da un punto ed arriva a tutt’altro.
Il primo che ho citato è uno dei ruoli che più realisticamente avrei potuto interpretare. Mi piacerebbe moltissimo anche lavorare con Sorrentino, e poi sicuramente Garrone. “Dogman” e “Pinocchio” mi sono piaciuti moltissimo, lui fa delle cose diverse dagli altri, è molto americano come i Mainetti. Lo vedi subito, non ti sembra un regista italiano, prendo ad esempio “Il racconto dei racconti”.

Prima fare un film nello stile italiano era un modello, il nostro neorealismo ha fatto scuola, oggi invece ho sentito che la critica americana ha criticato la candidatura di “Freaks out” agli oscar dicendo che abbiamo scimmiottato male un genere prettamente americano mentre io non mi trovo d’accordo, reputo questo film molto bello. Tra l’altro con Aurora Giovinazzo ci ho recitato insieme in “oltre la soglia”.

Il cinema ha una funzione sociale?

Il cinema può essere una forma di critica verso la società reale e può dare voce ad argomenti che non hanno la giusta risonanza. Ecco “Pupone” dove ho recitato porta alla luce le criticità e anche la bellezza della vita all’interno di una casa-famiglia. I film devono diventare un manifesto, l’idea di manifestare un pensiero ma deve essere fatto in modo chiaro e non in modo contorto. Contano molto la bravura del regista nel raccontare e dell’attore che riesce a far vivere una determinata emozione.
Voglio fare una piccola digressione, per spiegare meglio la funzione sociale del cinema, in “Oltre la soglia” io ho sentito davvero che il mio lavoro può essere una cassa di risonanza per alcuni temi sottaciuti come la malattia, io ricevevo moltissimi riscontri dal pubblico che ha sofferto davvero o che ha passato quelle situazioni, una ragazza riconoscendosi moltissimo nel nostro modo di raccontare determinate esperienze si è addirittura tatuato una frase detta dalla Pession nella serie: La malattia è una piccolissima parte di te.

Questo è il più grande riconoscimento che possiamo ricevere e ti fa capire che il cinema ha davvero una rilevanza sociale.

Ricordi di oggi

Progetti futuri?

Ho appena finito di girare un corto, il regista è Dario Ciulla, era l’auto regia di “La partita”.

I personaggi di questo corto sono stati scritti basandosi su di noi, cioè il personaggio nasce dalle nostre personalità e non siamo noi attori a adeguarci al personaggio. L’altro attore coprotagonista è Giorgio Colangeli.

Io interpreto Michele Vasta un ragazzo appena uscito da un talent, è sulla bocca di tutti, gli viene proposto un duetto con Giorgio Fortis alias Giorgio Colangeli, un cantante più grande di me che andava fortissimo ai suoi tempi, lì si vede lo scontro generazionale tra due personaggi diversi che sono costretti a fare un progetto che non l’entusiasma. Il corto si chiama “Ricordi di oggi”.

Con Giorgio ho fatto la partita ma non abbiamo mai recitato insieme, lui è una persona squisita un attore fortissimo ad ogni stop si isola per riprovare le scene, ti da sempre dei consigli non si stanca mai di lavorare.

GALLERY
No items found.
CONTATTACI